Praticare il Piano?
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Oggi, è ancora utile ragionare in termini di piano? E se il piano serve ancora, di che tipo di piano di deve trattare?
Alla prima di queste due domande è possibile dare una risposta affermativa, anche ripensando al lungo dibattito che ha attraversato il mondo dell’urbanistica a cavallo degli anni ottanta, quando, di fronte alla crisi oggettiva ed evidente che il modello di piano allora in uso stava attraversando a causa del peso delle troppe contraddizioni giuridiche che stavano ormai sempre più emergendo, qualche urbanista e molti architetti proposero una sua sostituzione con il progetto, ritenendo cioè che il processo di trasformazione urbana che stava allora iniziando non potesse essere affrontato dal vecchio modello urbanistico regolativo, ma dovesse invece essere affidato a più adeguati progetti urbani in grado di interpretare meglio la complessa realtà in divenire; senza pensare che vi potesse essere anche la possibilità di proporre un modello alternativo. […] [Ma qui] un quadro di riferimento territoriale [diviene] indispensabile. Anche se, paradossalmente, si può affermare che una città con un buon governo e una buona capacità di gestione, dotata di un’adeguata ed efficiente rete di mobilità di massa e di un ragionevole progetto di rete ecologica, non avrebbe in realtà alcun bisogno di un piano urbanistico e potrebbe quindi utilizzare tranquillamente il progetto nelle sue varie forme in cui oggi si manifesta (il masterplan, innanzi tutto) per affrontare il futuro.
Doveroso il condizionale perché in Italia, naturalmente, queste condizioni non esistono. […]
Per rispondere alla seconda domanda deve invece essere preliminarmente affrontata un’altra problematica, troppo spesso trascurata ma decisiva: quella delle risorse, in generale per il governo del territorio e in particolare per la costruzione della “città pubblica”. […] Una riflessione, questa, che comporta una ripresa di attenzione alla rendita immobiliare […] in quanto surplus di ricchezza prodotto dalla città e dal territorio piuttosto che categoria economica negativa da contrastare radicalmente [come ad es. l’esproprio]. [Problematiche, queste, che comportano]anche un diverso atteggiamento rispetto a quello tenuto, in generale, nel passato da parte ditutti (politici, imprenditori, tecnici) nei confronti delle proposte di trasformazioni urbane ed anche nel modo di operare degli urbanisti.
Dalla Prefazione di Federico Oliva